IMPOTENZA ERETTILE E LUBRIFICATORIA 

Il termine impotenza è fuorviante, o meglio, è il classico esempio di una diagnosi che non spiega il problema ma contribuisce fortemente a crearlo.

Il termine impotenza è fuorviante, o meglio, è il classico esempio di una diagnosi che non spiega il problema ma contribuisce fortemente a crearlo.

Se comincio a pensare che il mio pene o la mia vagina hanno qualcosa che non va, che non funzionano, apparentemente mi assolvo, cioè mi separo da una parte di me che definisco disfunzionale, mentre “io” vorrei e continuo a desiderare ardentemente di avere un rapporto sessuale con l’altro. In questo modo però io mi autodefinisco impotente, in quanto non ho potere su una parte di me che sfugge al mio controllo ed agisce contro la volontà.

Se invece ci assumiamo la responsabilità di rendere impossibile la penetrazione e accettiamo che, aldilà di quella che può essere la nostra percezione emotiva o cognitiva, noi stiamo esprimendo un rifiuto al contatto genitale con l’altro, ecco che torniamo ad essere “potenti”.

La difficoltà sta nel fatto che non siamo consapevoli di questo rifiuto. Ci siamo alienati da esso e ne scarichiamo la difficoltà su una parte di noi, desensibilizzandoci.

Facciamo come Muzio Scevola che brucia la sua mano sul braciere per punirla di aver accoltellato la persona sbagliata.

La potenza comporta respons-abilità. Cioè la capacità di confrontarsi col partner e di sostenere il confronto.

 

Ecco un primo dato relazionale, l’impotenza erettile o lubrificatoria, è sempre una deresponsabilizzazione rispetto ad una dinamica relazionale. È una strategia di sopravvivenza che si esplica attraverso il “vorrei, ma non posso”.

 

Nella mia strategia di sopravvivenza è più accettabile risultare inadeguato/a, che non “cattivo/a”, incapace, o rifiutante. “Non voglio” non è esprimibile... molto meglio: “Non posso”.

 

Nel caso dell’impotenza erettile secondaria è interessante notare che il primo episodio riportato dai pazienti è generalmente collegato a situazioni di richiesta e “pretesa” della prestazione sessuale in cui l’uomo ha sperimentato il senso di impotenza non solo a livello genitale, ma anche nelle altre dinamiche relazionali. Nella relazione con il/la partner si è sentito inadeguato, non in grado di soddisfarla/o, non “abbastanza” per lei/lui. Nella sua esperienza una situazione di pressante richiesta sessuale può rappresentare un attacco al suo valore. Domande quali: “Perché non vuoi fare l’amore?”, “Non mi vuoi più?”, “Non mi vedi più bella/o?” facilmente attivano un senso di colpa e privano il sesso della spontaneità e libertà che sono indispensabili per i riflessi sessuali. L’eccitamento sessuale sia negli uomini che nelle donne è una reazione spontanea al desiderio e alla stimolazione efficace. L’attesa e la pretesa della prestazione sessuale riflettono una situazione relazionale di difficoltà che preme per emergere in superficie. Se i partner non rischiano di affrontarla, allora facilmente finiranno per evitarla. Da questo momento la paura dell’insuccesso sessuale diventerà la causa immediata dell’impotenza.

Anche nell’esperienza femminile l’ansia da prestazione ha un effetto potente sulla mancanza di lubrificazione. Nelle situazioni di sessualità “inesigente”, in cui i terapeuti invitano la coppia ad uno scambio di sensazioni piacevoli vietando il coito, la donna, liberata dalla pressione di dover necessariamente eccitarsi, avere un orgasmo e soddisfare il/la compagn*, spesso arriva a provare intense sensazioni erotiche e sensuali. Il fatto che il/la partner “rinunci” al desiderio di appagamento orgasmico potrà essere, nell’esperienza della donna, una prova molto toccante di quanto gli/le sta a cuore il piacere sessuale della compagna/moglie. In questa situazione, essa potrà riappropriarsi della “responsabilità” del proprio piacere sessuale, scoprendo che non verrà respinta o umiliata se esprime i propri desideri e se mostrerà al partner di avere una personalità attiva.

 

Cominciare ad accettare che io non possiedo un pene o una vagina, ma “sono” anche pene e vagina e mi esprimo attraverso le azioni, è fondamentale per recuperare il senso del mio radicamento nella situazione relazionale: cioè la mia forza personale.

Spesso le persone non capiscono come sia possibile aver voglia di fare l'amore, ma non avere l'erezione o la lubrificazione. Oppure essere eccitati a livello genitale in una situazione relazionale in cui non è in gioco il sesso. Accade specialmente agli uomini per motivi di natura estetica. È assolutamente non appropriato se un uomo ha un’erezione mentre sta consolando un’amica/o che piange, o sta giocando con un bambino, o sta ballando o è coinvolto in attività eccitanti che, però, non sono sessuali. Ovviamente questo vale anche per le donne, ma siccome il fenomeno dell’umidificazione è meno evidente, le donne sono meno spesso costrette ad alienarsi dai propri genitali.

Perché è questo ciò che chiediamo a noi stessi, di funzionare a compartimenti stagni. Di avere sensazioni che percorrano tutto il nostro corpo, ma non i genitali.

Siamo allenati ad alienarci dai nostri genitali, a sentirli come una parte estranea, praticamente dotati di vita propria, ma che hanno poco a che fare con noi. Cosa c’è di strano che questo fenomeno possa riproporsi automaticamente quando magari c’è un’emozione, una sensazione o un pensiero di cui non vogliamo prenderci la responsabilità?

Il termine “penetrazione”, usato per descrivere l’amplesso sessuale, ha dei significati in termini di qualità del contatto. Esso rimanda all’azione del pene di entrare a fondo, rendendo la vagina un “dentro” passivo, e il pene un intrusivo attivo.

Questa è una visione assolutamente uomo-centrica che non ha nulla di fenomenologico. Da un punto di vista fenomenologico ci sono volte in cui avviene la penetrazione, volte in cui avviene la “vaginazione” e, il più delle volte, entrambe contemporaneamente. È però interessante che il termine vaginazione non esiste, è un neologismo che dovrebbe entrare nel vocabolario corrente e che aiuterebbe molto nel superamento dell’impotenza. Nel linguaggio comune e volgare si dice che la donna “la dà”. Eppure è la vagina che “prende” dal punto di vista fisico.

Spesso la mancanza di lubrificazione nella donna esprime proprio il rifiuto a farsi penetrare. Il rifiuto a questa azione intrusiva dell’uomo, a subire passivamente. Questo è ancora più evidente nel vaginismo, in cui, anche con l’uso di lubrificanti, il dolore è intenso e impedisce totalmente la penetrazione.

Ci accade frequentemente di affrontare questi temi con donne etero che fanno un’enorme fatica a concepirsi attive, nel senso di essere loro a “vaginare” e a possedere il maschio. Riescono a concepirsi attive in vari modi ed in vari momenti del rapporto, eppure il momento della penetrazione è sempre un momento di passività in cui al massimo possono accettare, accogliere il pene dell’uomo, ma mai “vaginarlo”, prenderlo attivamente. Intendiamoci, anche essere passive va bene e può essere fonte di piacere, ma se è vissuto come ineluttabile, come unica possibilità, come un’evidenza della realtà della donna che è fisiologicamente fatta per essere posseduta dall’uomo, allora in molte donne può suscitare paura e rifiuto.

Anche nell’uomo, d’altronde, l’atto della penetrazione può essere fonte di paura. Ci sono uomini che sentono che non sono loro a penetrare la donna, ma è questa che li “vagina”. Questa percezione, invece di rilassarli, li fa sentire inadeguati, in pericolo. La famosa fantasia della “fica dentata” che potrebbe castrare l’uomo riflette questo genere di percezione. Essa è vissuta non come dato fenomenologico, ma come qualcosa di “sbagliato”, “che non va bene”: l’uomo non dovrebbe sentire così o la donna non dovrebbe comportarsi così. Molti uomini riportano fenomeni di impotenza vissuti con donne inaspettatamente molto attive e intraprendenti.


In che cosa l'eiaculazione e l'orgasmo precoce differiscono dall’impotenza?

 

Sono entrambe forme d’ansia, che però sopraggiunge in momenti diversi. Qui non ci troviamo di fronte ad un rifiuto della penetrazione o della vaginazione, ma ad un’urgenza di conclusione. Nel caso dell’impotenza, l’esperienza è rifiutata in quanto pericolosa ed il pericolo è vissuto come immediato, presente nell’adesso della situazione che quindi viene evitata. Nell’eiaculazione precoce o nell’orgasmo precoce, invece, il rapporto sessuale viene ricercato e il pericolo sembra essere proiettato in un futuro più o meno prossimo; quindi, dobbiamo abbreviare il più possibile i tempi per evitare che questo futuro si concretizzi. L’esperienza di scoprire il piacere condiviso viene meno, in primo piano viene cercato l’aumento e la scarica delle sensazioni genitali.

La persona sperimenta l’ansia nell’istante in cui raggiunge un livello elevato di eccitazione, che spesso è il frutto di un’intensa immaginazione. Essa anticipa la realtà, la precede e, in qualche modo, la sostituisce. È proprio quest’ansia a creare una desensibilizzazione delle sensazioni genitali e quindi l’orgasmo involontario. Dunque, paradossalmente, la causa dell’eiaculazione precoce non è un’eccessiva sensibilità, come si ritiene comunemente, ma al contrario, una desensibilizzazione.

Oltre alla rapidità del riflesso eiaculatorio, la persona non è in grado di esercitare un controllo volontario sul riflesso stesso (Kaplan, 1974).

 

L’eiaculazione precoce, con il suo accelerare velocemente l’eccitazione, potrebbe essere la soluzione relazionale per vivere la sessualità come scarica puramente genitale evitando l’esperienza della condivisione e dell’intimità con la persona reale.

 

 Nel contesto di un rapporto sessuale con un/a partner con cui c’è coinvolgimento amoroso ed eccitazione generalizzata, per prolungare il rapporto sessuale è necessaria un’attenta concentrazione sui genitali, unita al contatto con la respirazione. Ogni orgasmo, anche se molto debole, è comunque accompagnato da un’accelerazione della respirazione, per cui se manteniamo la respirazione lenta e lunga, soprattutto con prolungate espirazioni, il controllo sulla nostra eccitazione aumenta e dunque anche sull’innesco del riflesso orgasmico. Il contatto con i nostri genitali consente di focalizzare a livello corporeo le sensazioni che precedono l’eiaculazione, come tale deve aumentare, non diminuire, per aumentare la durata del rapporto sessuale.

 

Qui però entriamo nel punto nevralgico: abbiamo voglia di aumentare la durata del rapporto sessuale? Abbiamo voglia di sentire l’eccitazione crescere? Di contenere a lungo la tensione, mantenendo un contatto intenso e prolungato con la/il nostro/a compagno/a, fino a sperimentare un’esplosione talmente intensa da perderci? Da sentire i nostri confini dissolversi? Da perdere il senso di noi?

 

L’orgasmo precoce, sia per l’uomo che per la donna, ci mette al riparo dal rischiare una risposta.


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