EROS E SESSUALITÀ: DIFFERENZE, CONFINI, ORIZZONTI

Sep 24, 2022

In dialogo con Paolo Mottana

Paolo Mottana, è professore di filosofia dell’educazione e di Ermeneutica della formazione e pratiche immaginali all’Università di Milano Bicocca, ha insegnato anche all’Università di Firenze e all’Accademia di Belle Arti di Milano. Dirige, insieme a Romano Madera, il Master in Culture simboliche per le professioni dell’arte, dell’educazione e della cura. Attualmente presiede l’Associazione IRIS (Istituto di Ricerche Immaginali e Simboliche), fondata nel 2005 insieme al suo gruppo di ricerca universitario. Tale Associazione indirizza le sue ricerche da una parte alla riflessione intorno al ruolo dell’immagine simbolica nell’educazione e dall’altra alle prospettive di una controeducazione radicale e libertaria. Ha collaborato con Riccardo Massa per alcuni anni, come suo allievo, con il quale si è occupato di studiare la relazione tra psicoanalisi e formazione (da cui il testo Formazione e affetti, Armando, 1993 e Dissolvenze. Le immagini della formazione (con Angelo Franza), CLUEB, 1996).

Nicole: In uno dei tuoi libri dal titolo Piccolo manuale di controeducazione, scrivi: “Idee inattese e istruzioni necessarie per rovesciare credenze ossificate, ideologie aberranti e poteri inamovibili e ritrovare l’appetito bruciante, sessuato e nervoso di capire, di fare e di pronunciare il violento sì alla vita che le nostre diseducazioni ci hanno intimato di tacere”. In questo orizzonte la controeducazione che rapporto ha con l’eros e la sessualità?

Paolo: Tu sai che ho recentemente pubblicato un libro dal titolo La Gaia Educazione, che è un po’ un modo di riproporre la stessa cosa con un linguaggio più vicino alla filosofia nietschiana; ha al centro l’affermazione della vitalità. Si chiama controeducazione perché ritiene che il corpo più importante delle pratiche educative derivi di fatto da un atteggiamento di tipo ascetico. La pedagogia storica, tradizionale, quella più diffusa, ha in comune in linea di massima una visione piuttosto prosciugata delle dimensioni del desiderio, dell’erotico, delle emozioni, del contatto, del corporeo. Tutti noi siamo passati attraverso una macchina di formazione in cui queste dimensioni erano escluse o comunque marginalizzate, o temute, in qualche modo sanzionate, e più di tutte la sessualità.

La sessualità ha sempre rappresentato un problema nella nostra civiltà e anche in altre, (non in tutte) e continua a farlo di fatto, soprattutto in ambito educativo. E’ da pochissimo che si è risvegliata una sensibilità in questo senso, ma rimane ancora marginale rispetto all’educazione egemone. Fare controeducazione vuol dire innanzitutto pensare ad un’idea e a pratiche educative che incorporino, che affermino, che mettano in gioco quelle dimensioni che sono sempre state escluse: il desiderio, la passione, il piacere, l’eros, il godimento, ognuna di queste espressioni richiederebbe approfondimenti specifici. Tutto quello che ha a che fare con ciò che si è sempre creduto dovesse essere esorcizzato, proprio perché poteva contaminare lo stesso lavoro di apprendimento, di esperienza etc... che invece secondo me è pienamente coerente con qualsiasi esperienza; semmai il problema sta in quelle pratiche che cercano di scindere aspetti del vissuto che non è possibile scindere. Le pratiche educative che mortificano il corpo, il desiderio, la sensibilità, l’immaginazione, meriterebbero un’ampia compensazione, ovvero un’altra educazione. Personalmente non credo che la scuola sia riformabile sotto questo profilo - questo l’ho già detto e ridetto - perché mi sembra che proprio strutturalmente la scuola o fa un salto mortale su se stessa, e muta radicalmente, il che mi pare improbabile, oppure i luoghi stessi, il personale per come è stato formato, la filosofia di fondo che scorre dentro quelle mura è tale che mi sembra abbastanza incapace di accogliere un tale cambiamento. Trovo abbastanza ridicole le novità come ad esempio l’ora di educazione alla felicità, è come pensare che ci siano tutta una serie di ore dell’infelicità e poi l’ora della felicità come una panacea, mi sembrano grottesche rispetto alla pervasività delle dimensioni sacrificali: o le si incorpora in un approccio completo, integro e armonioso, modificando il senso, il tempo e gli oggetti con cui si fa esperienza oppure è solo una caricatura.

La controeducazione mira ad affermare il riscatto di quelle dimensioni di vita ed esperienza di bambini e ragazzi fortemente mutilate dal trattamento scolastico tradizionalmente inteso.

Nicole: Quali sono secondo te gli spazi esperienziali, anche se non riconosciuti dalle istituzioni come formativi, in cui è possibile vivere più pienamente la sessualità, l’eros, la corporeità e la capacità di creare
 
Paolo: Nella mia esperienza personale - e credo che questo abbia giocato un ruolo decisivo nel mio modo di intendere l’educazione - ho scoperto l’integrità dell’esperienza educativa: esistono delle situazioni educative o si possono creare delle situazioni educative dove tutte queste dimensioni cooperano, per esempio nei soggiorni di vacanza. Ho iniziato facendo l’educatore nei soggiorni di vacanza con i ragazzi, e mi ricordo che in quelle situazioni si facevano attività di tanti generi, io ho iniziato con i Centri Rosseau dove c’era questa idea di educazione collettiva, e i ragazzi facevano da mangiare etc.. Un modello che tra l’altro ha illustri precedenti. In quel tipo di situazione ad esempio, essendo noi un gruppo che non aveva inibizioni sotto questo profilo, mi ricordo che la dimensione erotica sessuale era sufficientemente libera sebbene con certi limiti ovviamente e credo sia possibile in tante altre situazioni nella vita dei ragazzi non appena escono dalle mura e dai sistemi di disciplinamento nei quali la maggior parte del tempo sono rinchiusi.

E’ chiaro però che per riportare dentro l’educazione e dentro le istituzioni formative una filosofia che abbracci l’integralità dell’esperienza bisogna lavorare su tante cose. C’è una morale molto complicata e ancora tutta da rigenerare rispetto per esempio alla sessualità e all’eros dei bambini e degli adolescenti, che poi ha fatto molti passi indietro rispetto quello che se ne pensava alcuni decenni fa, e gli stessi ragazzi e ragazze sono secondo me in una condizione di grande digiuno culturale, non tanto esperienziale, quanto culturale anche se hanno degli input, ma schizofrenici che non offrono loro una visione particolarmente sensata della questione. Si tratta di tutto un continente che avrebbe bisogno di un enorme investimento, forze e soprattutto una sprovincializzazione. Un lavoro sulla moralità che riguarda queste tematiche è ancora tutto da fare dal mio punto di vista.

Nicole: In una tua intervista dichiari, “La sessualità è una delle sfere più straordinarie e trasformative nella nostra vita”. Cosa intendi quando attribuisci alla sessualità questo potere, inteso come capacità trasformativa?

Paolo: C’è un primo livello in cui intendo dire che la sessualità è uno dei pochi ambiti in cui possiamo ottenere piacere con il minimo sforzo, è la più semplice, la più diretta. Penso alle pratiche masturbatorie e - come sempre ha sostenuto la filosofia edonista - è una dimensione in cui riprendiamo il diritto di stare bene; è una vera oasi di piacere, che andrebbe rivalutata per questo. Poi ritengo che la sessualità, siccome appunto non è semplicemente un’esperienza di tipo fisiologico – naturale, ma è tale perché nell’umanità è diventata un’esperienza culturale e colta in alcuni casi, quanto più noi la coltiviamo, quanto più diventa un oggetto di preparazione, dove impariamo dei modi per intensificarla, per raggiungere degli stati anche particolarmente forti di estasi e dilatazione del campo sensoriale, sono certo che comporti anche degli effetti trasformativi. Non è una cosa del tutto ovvia, ma in ogni caso l’esperienza sessuale, anche ad un livello base, ci trasforma nel senso che ci rende più in sintonia con il vivere.

Questo lo sosteneva già Fourier: le persone appagate sensualmente e sessualmente sono più disposte a fare i conti con altre dimensioni della vita. Credo questo sia un obiettivo sociale fortissimo, quello di riuscire finalmente a realizzare il più possibile l’appagamento sessuale delle persone. Ma è difficile spiegare e sostenere questa cosa. Le persone appagate sessualmente in generale credo abbiano una visione del mondo meno aggressiva - non nel senso che dicevi tu prima - ma meno violenta, meno competitiva, meno invidiosa. Penso sia importante stare bene da quel punto di vista come dimostrano molte ricerche archeo - etnologiche, di realtà più pacificate con il mondo, mentre la frustrazione sessuale (o la competitività sessuale) che oggi è molto diffusa, invece è uno dei principali aspetti del nostro malessere.


Nicole: Come esperienza culturale, la sessualità è anche un luogo pieno di pregiudizi, di paure, di introietti, penso ad esempio al femminile o meglio al piacere femminile. Cosa ne pensi?

Paolo: Viviamo ancora in un civiltà dominata da un simbolismo della sessualità di tipo patriarcale, e nonostante da un po’ di tempo si sia affacciata di nuovo un’altra modalità di intenderlo, comunque c’è ancora molta strada da fare, specialmente al di fuori di certe cerchie un po’ privilegiate, e già sensibilizzate, in questo senso. Purtroppo tutta questa sfera è ancora pesantemente giocata da un codice simbolico -culturale di tipo prevalentemente maschile e prima che si riaffaccino altre forme di identificazione, ci vorrà del tempo e soprattutto ci vuole una grossa battaglia contro il pregiudizio perché personalmente ritengo sia necessario culturalizzare la sessualità: vuol dire che deve diventare un tema attorno al quale c’è una formazione di tipo culturale e non una formazione di tipo medico - psichiatrico.

Nicole: Credo che questo aspetto meriti di essere approfondito, perché gli interventi educativi o preventivi (come spesso vengono definiti) risolvono alcuni temi - in questo caso la sessualità - ad una lettura o interpretazione medicalizzata, depotenziando e riducendo la complessità dell’esperienza e dell’essere umano a questione medica e di prassi igienico – sanitarie.

Paolo: Infatti parlo degli esperti che provengono proprio dal mondo psichiatrico – medico, e quindi che restituiscono della sessualità un’ immagine un po’ macchinica da una parte, e un po’ moralistica dall’altra. Questi professionisti creano allarme. Nella maggior parte dei casi l’educazione sessuale diventa il modo per non incorrere in tutta una serie di guai, come se la sessualità fosse fondamentalmente un pericolo. Poi ora ci sono delle forme un po’ più ibride come l’educazione affettiva, ma una formazione di tipo culturale ancora non la vedo. Dove per culturale intendo che innanzi tutto c’è una cultura della sessualità, c’è un’ arte, c’è una letteratura, c’è una filosofia, c’è un sapere e ci sono delle arti collaterali. Ovvero l’atto sessuale non è solo l’incontro di due corpi, ma anche la creazione di ambienti, di una cosmesi, di un tipo di alimentazione, di tutta una serie di elementi collaterali che rendono l’atto sessuale un atto pienamente umano, riacquisendo tutta la sua statura sofisticata e liberatoria
 
La sessualità è un ambito che sconta millenni di scotomizzazione, ma leggendo delle civiltà matriarcali dove la sessualità non solo era una pratica evidentemente diffusa, libera ma soprattutto era una cosa sacrale era la dimensione che aveva il primato, si verifica con stupore il terribile scarto che pesa sul nostro tempo. Noi da millenni viviamo in una civiltà patriarcale che ha diffuso una quantità enorme di pregiudizi su questa materia e soprattutto ha creato dei dislivelli nei vari poteri che si spartiscono poi l’uso della sessualità, da sempre c’è stato un mondo di privilegiati, di aristocratici che hanno vissuto la sessualità in maniera molto piena e hanno usato schiavi, schiave solo come oggetti però comunque coltivando un sapere del sesso. C’è sempre stata una porzione della popolazione che ha saputo che nella dimensione sessuale c’erano dimensioni di tipo trasformativo anche in senso spirituale, tutte le sette esoteriche più importanti hanno coltivato pratiche sessuali a scopo estatico – trasformativo, c’è tutta una tradizione della magia sexsualis che viene da lontanissimo. Quindi voglio dire però è sempre stato patrimonio di un’area privilegiata e piccola della società a parte alcune pratiche popolari di origine dionisiaca che si sono abbastanza mantenute anche fino all’epoca moderna, però sono rimaste popolari solo fino ad un certo tempo, e poi sono state molto perseguitate.

Inoltre bisognerebbe distinguere tra popoli e nazioni. Sappiamo cosa ha voluto dire la civilizzazione cattolica in moltissimi popoli proprio da questo punto di vista che poi magari hanno aggiustato le loro tradizioni contaminandosi. Ci sono infiniti esempi e anche solo questo dovrebbe costituire un grande argomento di esplorazione culturale importantissimo per renderci conto che noi siamo ignoranti sulla storia della sessualità, delle sue forme, sulla storia della famiglia per venire a un tema di immediata attualità, che ci mostrerebbe infinite gamme, sfumature di forma intorno ai rapporti tra le figure parentali. Di tutto questo non sappiamo niente e quindi siamo completamente sprovveduti rispetto alla possibilità di dialogare, con noi stessi, con i giovani con i bambini su questi temi. Credo che a questo andrebbe posto rimedio, ma non perché si debba fare solo l’educazione sessuale. Questa è un’area cruciale della nostra vita che è stata totalmente pervertita; altro che perversione sessuale! E’ la sessualità in sé che è stata pervertita ad un uso estremamente miserabile. E di questo oltre agli elementi di colpevolizzazione che quasi tutti noi credo ancora oggi ci trasciniamo appresso, a tutto questo andrebbe posto rimedio e ciò permetterebbe di fare un grande salto di vitalità al mondo in generale.

Su un piano più generale, la tematica del piacere, la liberazione dello spazio e del tempo di ozio e di gioco e di tutte queste dimensioni è una tematica che andrebbe posta con forza oggi. Invece questo nostro mondo, che paradossalmente sembrerebbe arrivato ad un alto grado di ricchezza, tende a confinare e marginalizzare l’esperienza del piacere, delle grandi pratiche edonistiche che sono sempre state patrimonio degli aristocratici; queste pratiche andrebbero secondo me ridistribuite, ma questo presuppone certamente una formazione. Invece la nostra formazione va in direzione ostinatamente contraria, prepara le persone esclusivamente al lavoro e allo sfruttamento, in queste condizioni nessuno ha interesse a proporre un’educazione alla liberazione dei desideri, al piacere, allo sviluppo delle doti creative, tutto questo non fa comodo a chi ci vuole suddit
 
Nicole: Non è produttivo forse, ovvero non rientra in un discorso di logiche economiche almeno per quanto riguarda la nostra società contemporanea?

Paolo: Sì, anzi credo che la sessualità sconti proprio il fatto che tutti i sistemi di organizzazione della sessualità siano stati intesi a fare della sessualità una pratica produttiva o riproduttiva, mentre la sessualità come l’alimentazione è una pratica dissipativa e questo fa una paura enorme al potere. Proprio per questo è una pratica rivoluzionaria, come l’infanzia è un’età non produttiva e per questo si è sempre cercato di organizzarla e reprimerla.
 
Nicole: Capisco. Questo senso di costrizione sembra vada di pari passo con la scoperta della propria corporeità, e dunque della sessualità, con quelle che vengono chiamate le fasi dell’età evolutiva.

Paolo: Infatti i bambini sono liberissimi, se non venissero coltivati da piccoli a colpevolizzarsi, sono gli esseri più liberi rispetto a questa dimensione. E lo eravamo tutti probabilmente, chi per pochi giorni, chi per qualche anno. Poi piano, piano, progressivamente ci hanno inculcato un modello negativo della sessualità. Io ricordo bene, personalmente è stato un grande travaglio raggiungere un po’ più di tranquillità su questo argomento, c’era un’alleanza formidabile tra famiglia, scuola, chiesa, su questi temi. Gli adulti erano tutti coalizzati nel colpevolizzare le pratiche sessuali, pur in un periodo anni 60’- 70’ in cui c’era un movimento di liberazione, però di fatto nel mondo diffuso era ancora un tabù. Per esempio sulla masturbazione. A me sembra di vedere che almeno da questo punto di vista i ragazzi di questa generazione almeno su questo aspetto siano un po’ più liberi; in compenso hanno altre difficoltà: poiché oggi la sessualità è stata investita d’incitamenti prestazionali, intesa come un campo d’eccellenza, di competizione, che però poi crea problemi come ad esempio la eiaculazione precoce. Ai miei corsi organizzo uno o due giorni su questi temi ma mi sembra di sentire ancora delle idee degli anni 50’, sono ancora pieni di pregiudizi pazzeschi.

Io sostengo l’idea di una formazione culturale su questo tema. Poi la sessualità non è una cosa pacifica, è un continente complesso, chi approfondisce la cultura sa bene quali sono le zone davvero oscure, è un’immersione dentro una materia ribollente, e proprio per questo anche autentica e affascinante. La sessualità è una cosa mai scontata, mai ovvia, è una grande avventura sempre. Poi ci sono i luoghi dell’eccesso, non dico delle perversioni perché è un termine negativo, ma delle preferenze, delle manie, delle fantasie, che oggi è un po’ più venuto alla ribalta grazie a dio. E credo che debba sempre più venire alla ribalta come un mondo di sfumature. La sessualità è bella per questo, ha una grande varietà, anche se poi magari uno di noi impara cosa preferisce, e magari la vuole sempre più raffinata.

Come ci insegna la grande letteratura su questi temi, grandi autori che ci tramandano la vita sessuale in tutte le sue forme. Così la letteratura per esempio è ricchissima, anche quella contemporanea occidentale anche se talora meno raffinata che in altre epoche e culture. Esiste un continente immenso sconosciuto, o censurato o mai più pubblicato, conosciamo le vicissitudini dell’opera di Sade. E’ ora di finirla, non siamo più nel medioevo, non c’è più la zona dell’Inferno nelle biblioteche. E’ ora di aprire, con cautela, d’accordo perché la sessualità non è un oggetto banale, ovvio o pacifico. Può pacificare una volta soddisfatta, ma la strada per arrivarci può essere anche complicata, perché non è sempre lineare. Ma proprio per questo è straordinaria. Nella mia vita una delle aree più ricche credo sia quella sessuale. Trovo che nella sfera sessuale si raggiungono delle condizioni che ci rinfrancano di essere nati, perché talvolta la percezione della propria esistenza sembra condannata ad una sequenza di noie, di disagi, di malanni, in gran parte prodotti dalla società, in gran parte costitutivi dell’esistenza stessa, e credo che la sessualità resti un grande farmaco, come è sempre stato in tante civiltà preistoriche o aborigene ma ancora anche medievali, la sessualità è sempre stata la moneta con cui ripagarsi della durezza della vita, come succede anche nel mondo animale. 

Nicole: Forse la sessualità è anche un modo per conoscere ed esplorare angoli oscuri di noi stessi in relazione all’Altro, in un processo di crescita.

Paolo: Si, questo è interessante perché in parte è un’esperienza in cui possiamo conoscerci da soli, in parte è necessario l’Altro, perché l’Altro quando è in forte sintonia ci apre continenti che neanche immaginavamo, in questo aveva ragione Fourier quando diceva che noi abbiamo bisogno di questa esperienza nella sua varietà e nella sua molteplicità.

Nicole: Cosa pensi rispetto allo scambio che nella sessualità avviene tra i soggetti coinvolti? Personalmente credo che il luogo della sessualità possa anche essere un luogo del riconoscimento dell’alterità, e che tale riconoscimento possa restituire integrità e pienezza ai soggetti, e questo può avvenire paradossalmente anche nell’esperienza della fusionalità che possono fare i corpi. Secondo te?

Paolo: Questo è un tema molto complicato, il tema del piacere e del godimento su cui sono sempre ricadute una serie di conseguenze morali di tipo spiritualistico anche in certe visioni psicoanalitiche. Penso a Lacan in particolare, a come lui guarda il fenomeno del godimento e come vede il rapporto sessuale, che sicuramente ha degli elementi di verità: è chiaro che nel rapporto sessuale c’è un continuo gioco tra il proprio piacere e il piacere dell’altro e che nel momento del godimento è difficile essere insieme, anche se io non riesco a capire quale sia il problema. Io non giungerei mai a dire che non c’è il rapporto sessuale, il rapporto sessuale c’è , ma è un continuo movimento tra sé e l’altro, tra sé e gli altri, o tra sé e se stessi parti di sé, immaginazione, fantasie, etc ... però in questo non vedo nulla di inquietante nel senso che la sessualità è qualcosa in cui siamo noi stessi e con altri. Ecco il termine fusione va bene da una parte ma non credo sia l’obiettivo della sessualità, l’obiettivo della sessualità credo sia il piacere. Il piacere condiviso che non necessariamente presuppone una fusione, anche se possono esserci dei momenti fusionali, degli stati di estasi che hanno un carattere fusionale androginico dove si perde la condizione del maschile e del femminile, tra chi penetra e chi è penetrato, di chi riceve e di chi accarezza e tutto questo fa parte dell’esperienza del trascendimento dei propri confini, su questo non c’è dubbio. Poi che questo sfoci in un sentimento unitario o meno mi sembra meno importante, perché la sessualità è un’avventura, non è mai scontata e non porta mai nello stesso posto. Poi se continua a portare sempre nello stesso posto forse la persona crea le condizioni perché vada sempre nello stesso modo, e va benissimo come chi vuole mangiare per tutta la vita le crocchette di patate.

La concezione del godimento, così come viene tratteggiata da una certa psicoanalisi e da certe visioni in cui si suppone che il godimento sia l’annullamento del desiderio, a me sembra grondare metafisica, sono molto più d’accordo con le filosofie edoniste.
 

Non si deve mai parlare di piacere o di desiderio al singolare, ma ce ne sono tanti, ci sono tante voglie, tanti piaceri che una volta soddisfatti si spengono per un po’. Ad esempio abbiamo questa idea che dopo i rapporti ci si sente tristi o delusi. E’ vero che può succedere questo, ma perché c’è un’ideologia che ci ha pervaso al punto che quando scompare l’irruzione del desiderio, dopo l’orgasmo, quando la dimensione irrazionale sparisce, interviene la dimensione razionale che ci dice: oddio cosa ho fatto? Invece esattamente come succede per il nutrimento, come quando si è finito di mangiare tanto, si è semplicemente sazi. La sazietà a volte può essere anche un appesantimento o un affaticamento. La sazietà è sacrosanta e allora ci si riposi, si dorma, magari abbracciati. Infatti nell’economia della sessualità in alcuni autori come in Sade è contemplata l’estetica della sessualità, rifocillamento, riposo, sessualità etc.. la sessualità deve trovare un suo ritmo.

La versione deludente della sessualità invece pertiene ad una visione che l’ha sempre vista come un oggetto drammatico, molto più di quanto non lo sia. Dopodiché può diventarlo, come in tutte le cose, l’economia libidica dell’eccesso contempla la dimensione drammatica, però non necessariamente. Come nel famoso film giapponese “L’impero dei sensi” di Nagisa Oshima, in cui alla fine lei lo uccide strangolandolo, dopo aver esplorato tutte le progressive forme del godimento, è chiaro che può essere un’avventura anche estrema per il corpo e per lo spirito, in determinate, estreme circostanze. Oppure come in “ Giovane e bella”, film che ho molto amato, dove quest’uomo anziano ha un infarto mentre fa sesso, a parte il fatto che si è detto sempre che quella è una buona morte. Comunque non c’è dubbio che la sessualità è anche qualche cosa di molto forte, appassionante, a volte anche di violento. Ma mai in un senso solo, a parte quando uno dei due diventa semplicemente l’oggetto, allora in quel caso c’è qualche cosa di disturbato, ma comunque anche lì è difficile dare dei giudizi definitivi e a volte si scoprono cose misteriose. E’ chiaro che la sessualità non pertiene alla dimensione razionale dell’esperienza, solo in parte può essere razionalizzata.

Di fatto nell’atto sessuale si eccitano delle parti umane che non sono pienamente sotto controllo, e qui sta il ruolo dell’arte di amare, che cerca di farne una pratica diciamo più gestibile, ma sempre con la consapevolezza che non può esserlo fino in fondo. La sessualità è qualche cosa da brividi, che nel momento in cui si affaccia, ne sentiamo anche tutta la potenza, è qualche cosa di inevitabile in certi momenti, è una chiamata verso un luogo altro e quindi a me non stupisce che qualcuno ogni tanto ci lasci le penne. Il mondo della sessualità è così vario che ci sono dei rischi, ci si fa male. Però questi sono degli estremi, la libidine dell’eccesso che alcuni percorrono, c’è un nero. Dunque c’è una dimensione del nero che è una dimensione che ci rende umani però.

Nicole: E forse è una dimensione che appartiene a tutte le esperienze della vita.

Paolo: In una certa misura si, però la sessualità è una delle più potenti perché ci porta in prossimità di quella cosa che noi chiamiamo morte insomma. Nel senso metaforico ma a volte anche nel senso fisico, c’è questo collasso corporeo che si chiama orgasmo che effettivamente è un’esperienza limite, l’esperienza di uno stato straordinario, che credo possa capitare altrimenti solo con l’ausilio di droghe

Nicole: Credo che il discorso della fusionalità, di cui ti parlavo prima, si giochi proprio in questi termini, ovvero come la tensione a perdere il confine, non c’è più il confine tra me e l’ambiente, tra me e l’Altro … Quindi non tanto o meglio non solo un’immagine idealizzata di fusione tra i due.

Paolo: La fusionalità non deve essere pensata come un traguardo tra i due, la sessualità è un viaggio. Poi tutti ci hanno spiegato che il percorso dell’orgasmo femminile è diverso da quello maschile. Quindi è chiaro che non sono due cose che combaciano, dunque in questo Lacan ha ragione - a parte che poi ci sono anche i rapporti omosessuali dove le cose sono ancora diverse e probabilmente sono più armonici da questo punto di vista - ma non credo sia un problema né di armonia né di fusione nel senso diciamo un po’ idealizzato del termine, è più una questione di un’esperienza in cui ci si scambia delle cose che poi ognuno vive a modo suo. E’ questa distanza o avvicinamento che rende affascinante l’esperienza in sé. C’è molto il movimento del gioco, della lotta e tutti questi elementi sono pienamente legittimi nel campo della relazione sessuale, ma anche nel campo della relazione amorosa in generale.


Nicole: Dal tuo punto di vista qual è la differenza tra eros e sessualità
 

Paolo: E’ un argomento su cui sono scorsi fiumi di discussioni, in questo momento sono più in dubbio d’un tempo su certe cose che ho affermato.

Eros per me è un’espressione che mi rimanda appunto ad una figura simbolica, mitologica, eros è una sorta di metafora dell’attaccamento, del desiderio, del legame irrazionale che ci colpisce, quindi può aver applicazioni che travalicano la dimensione sessuale. Il termine erotico si può applicare a tante cose, non ultimo l’educazione, come ho fatto tante volte dove non intendevo necessariamente una sessualizzazione dell’educazione, ma evidentemente un’educazione dove il desiderio, il piacere, queste dimensioni fanno da costellazione simbolica all’attività educativa. Poi ho anche distinto come altri la sessualità dall’ amore. La sessualità è un appagamento di tipo fisico – sensuale, mentre l’amore è un coinvolgimento di tipo evidentemente più psicologico in senso ampio. Rispetto ad una persona in particolare, una sensazione, un animale, ci si può innamorare di tante cose, anche dei propri genitori. Poi l’amore è un oggetto imprendibile, dove le interpretazioni sono talmente tante; però, parlando di amore passionale, sensuale, o in senso romantico comunque diciamo che l’amore sembra una cosa che si può smarcare dalla sessualità. Personalmente ritengo - e credo che questo sia dimostrato dalle pratiche masturbatorie - che la sessualità può avere una sua soddisfazione a prescindere dalla presenza fisica di un partner, uno può fantasticare di far l’amore con una grande diva del cinema e masturbarsi e viceversa, quindi la sessualità è molto vicina ad un’esigenza di tipo fisiologica.

Dopodiché però la sessualità si culturalizza e si riempie di dimensioni psicologiche, quindi non è sempre facile fare questa distinzione e credo che sia abbastanza vero, anche se su questo poi è difficile dire qualche cosa di definitivo, che la sessualità in presenza di amore é qualche cosa di più appagante. Perché ci sono delle esigenze anche nella dimensione sessuale che fanno riferimento alle cure di natura psicologica, di contenimento, di accudimento anche semplicemente dopo l’orgasmo, il godimento di ritrovamento in una dimensione psicologica a due che sono più soddisfacenti di quando la sessualità si riduce al puro atto. Credo che si possa distinguere, e al tempo stesso però le due cose hanno dei forti legami. Detto questo però sono dell’idea che comunque la sessualità debba essere considerata una questione di natura corporea innanzi tutto, e che quindi presupponga una conoscenza del corpo, delle sue arti, delle sue forme etc … e che abbia il diritto di essere appagata anche in assenza della dimensione erotica, nel senso ampio di questo termine. E’ un’esigenza fisica che la maggior parte di noi ha, a parte chi ha un modo ascetico di stare al mondo, come c’è gente che mangia molto poco, altri non fanno sesso. Però comunque credo che la sessualità sia una grande esigenza fisiologica, che si completa quando c’è anche un vissuto di tipo erotico.

Nicole: Credo che quello che tu dici restituisca dignità anche alla dimensione corporea che è stata deprivata per secoli.

Paolo: Si, il corpo è il grande assente di tutta la nostra formazione, penso a quante pratiche corporee esistano in altre culture o nella nostra cultura antica e che sono andate progressivamente perdendosi. Ora alcune si riaffacciano, c’è un certo neopaganesimo: le pratiche termali, il massaggio, la cosmesi, sono tutte dimensioni che hanno sempre fatto parte delle culture dove il corpo aveva una funzione importante e sono andate smarrendosi, fino in qualche modo ad insinuare che fare queste pratiche fosse qualche cosa di scorretto o peccaminoso. Ancora oggi specialmente nella cultura di sinistra che come sappiamo è un po’ moralista, e un po’ secondo me infiltrata pesantemente di elementi religiosi c’è molto moralismo su questo. Le donne di sinistra e gli uomini di sinistra tendono un po’ a questa sorta di poverismo, di essenzialità, che è molto simile a quella che adottano i cattolici, c’è una grande somiglianza. Invece credo che siano questioni simboliche molto più profonde e complesse che non si possono ideologizzare così.

Nicole: In qualche modo sembrerebbe che il grande tema rimane quello del corpo nella nostra civiltà. Cosa ne pensi?

Paolo: Non sempre metto questi aspetti insieme, comunque credo che il corpo sia il grande penalizzato della nostra civiltà, il corpo non è considerato e poi esplode in forme schizofreniche. Oggi assistiamo ad atteggiamenti folli o a pratiche di cura estreme: le attività in palestra, la chirurgia o appunto i corpi totalmente ascetizzati. Noi non abbiamo una vera cura del corpo. Non viene insegnata ai bambini e agli adolescenti, i loro corpi sono elusi per lungo tempo, soprattutto dalle istituzioni formative, non vengono considerati nella loro complessità. Perché noi poi siamo prima di tutto corpo, è chiaro che questa è una visione materialistica, però credo che non possiamo prescinderne. E fin tanto che non ce ne si preoccupa in modo serio, a partire dagli spazi e dall’integrazione delle pratiche corporee comprese quelle sessuali e quelle erotiche, ma anche quelle sportive. Per esempio sul tema della violenza e dell’aggressività, credo che si debba riportare all’ordine del giorno la necessità di un esercizio della violenza nel senso di attività di combattimento, cioè il corpo ha diritti che sono profondamente negati nella nostra società e credo che questo poi si paghi sul piano psicologico. Il piano del super investimento cognitivo ci rende molto fragili, non essendo incarnati nel corpo che è il solo capace di elaborare l’urto del mondo. I nostri corpi sono veramente resi strumenti poveri in generale, anche da parte di chi se ne occupa moltissimo per converso, c’è una sorta di compensazione delirante del corpo, non c’è equilibrio. La formazione deve fare i conti seriamente con questi aspetti.

Nicole: Paolo ti ringrazio perché ho fatto un viaggio ascoltandoti e mi hai permesso di fare alcuni collegamenti.

Paolo: Grazie a te Nicole.
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