SESSUALITA' E DELINQUENZIALITA'

Cristina Cecconato • May 08, 2023
"Se parliamo di abusi sessuali ci sembra doverosa una sottolineatura linguistica che faccia emergere i significati culturali della parola sessualità. Questi significati derivano da una concezione patriarcale che limita e degrada fortemente la sessualità femminile e quella di chiunque non si riconosca in una sessualità moralmente codificata ed etero orientata. Gli “abusi o molestie sessuali” chiamano in causa la sessualità, ma non hanno nulla a che fare con essa. Sarebbe più corretto definirli atti “delinquenziali” e non “sessuali”.
Siamo talmente confluenti con l’attuale morale da non cogliere le incongruenze di certi processi di pensiero. Ad esempio, se un uomo utilizza le proprie mani per costruire una lancia termica e con questa vuole bucare la serranda di una gioielleria, a nessuno verrebbe in mente di definire questo atto come un “abuso artigianale”: lo si definisce un atto delinquenziale punto e basta. Non ci si interroga se i gioielli in vetrina erano “provocatoriamente in vista” o se l’uomo era “emotivamente alterato” perché non poteva permettersi un regalo costoso alla fidanzata. È un rapinatore e quindi un delinquente. E se alla fine del processo non subisce una condanna esemplare ci indigniamo che non c’è la certezza della pena e cominciamo a discutere sul diritto per i commercianti di avere armi e poter sparare.
Però se lo stesso uomo usa le proprie mani per immobilizzare una donna e usa il proprio pene per violare l’integrità fisica e il diritto all’autodeterminazione di lei, definiamo questo atto un “abuso sessuale” e non so come reagiremmo se le donne, nel momento in cui venissero molestate per strada, estraessero una pistola e sparassero per proteggersi da una “molestia sessuale”.
Il punto è che, per la morale patriarcale, palpare una donna su un autobus è meno grave che rubare una collana, in quanto la difesa della proprietà è più importante del diritto all’autodeterminazione femminile (o di altre “diversità” umane). Nel primo caso l’uomo viene definito un maiale “e però queste ragazze dovrebbero coprirsi un po’ di più…”, nel secondo caso è un ladro, quindi un delinquente e va punito.
C’è una evidente manipolazione nell’utilizzo della sessualità per descrivere questo tipo di reati. La sessualità, d’altra parte, si presta a questo genere di manipolazione perché la sua etimologia evoca unione, partecipazione, piacere reciproco. Utilizzando la parola “sessualità” per definire un reato, si finisce inevitabilmente per alimentare un sospetto di connivenza tra le due parti in causa.
Se cominciassimo ad usare maggiormente il termine delinquente, molti comportamenti che erroneamente vengono definiti sessuali verrebbero visti sotto altra luce.
Il comportamento delinquenziale ha caratteristiche diverse da quello responsabile/irresponsabile.
La “responsabilità” è un concetto largamente sviluppato nel PHG e in tutti i libri di Perls.
Il comportamento sociale “responsabile” si basa sullo sviluppo dell’adattamento creativo, cioè di quel processo di crescita in cui io mi adatto all’ambiente e contemporaneamente adatto l’ambiente a me. Un processo in cui è fondamentale la consapevolezza del mio essere indissolubilmente collegato all’ambiente e qualsiasi violenza io eserciti sui confini ha conseguenze negative su tutto l’ambiente e quindi anche su di me. Come sottolineano i fondatori della Gestalt, la cellula più piccola e indivisibile è “organismo/ambiente”.
Il comportamento sociale “irresponsabile” si basa sul delirio individualistico, in cui io ritengo che se qualcosa va bene per me andrà per forza bene anche per gli altri. Di conseguenza ho dei vantaggi e non ne pagherò alcun prezzo. Un chiaro esempio è il tema ecologico: se continuo ad utilizzare la plastica sarò soddisfatto nel mio desiderio di acqua frizzante, imballaggi asettici, oggettistica a basso costo con la comodità dell’usa e getta senza sentire la responsabilità di dove tutta questa plastica vada a finire. Tranne poi sentirmi angosciato quando vedo immagini dei fondali marini pieni di plastica o di balene morte trovate con lo stomaco pieno di imballaggi di plastica o quando scopro che anche il cibo che mangio contiene frammenti di plastica.
Entrambi questi comportamenti sono accomunati dall’assunzione di responsabilità delle conseguenze delle mie azioni. La differenza è nel grado di consapevolezza di tali conseguenze. La persona irresponsabile, in realtà, è inconsapevole di tante conseguenze che le sue azioni possono avere. Un individuo che si metta al volante ubriaco, se non è un delinquente, riterrà giusto essere imprigionato se dovesse uccidere qualcuno (per l’eccesso di alcol alla guida), ma egli è convinto che questo non potrebbe mai succedere a lui (delirio individualistico).
Il comportamento “delinquenziale” si basa invece sulla totale o parziale indifferenza per la conseguenza delle mie azioni e sul diritto di violentare i confini del mio ambiente per ricavarne soddisfazione e/o profitto per me e per altri. È vero che spesso comportamento delinquenziale/criminale e comportamento sociale irresponsabile si sommano. Tuttavia nel comportamento irresponsabile in primo piano c’è l’inconsapevolezza e la persona è convinta di non fare del male ad alcuno. Nel comportamento delinquenziale/criminale in primo piano c’è l’indifferenza delle conseguenze sugli/sulle altre/i, sia persone, che animali, che ambiente. L’unico aspetto che conta è il mio guadagno e soddisfazione. Quando si sovrappone all’inconsapevolezza l’uomo arriva a comportamenti assurdi come quel boss della camorra che ordinò di svuotare rifiuti tossici in terreni dove sotto c’erano falde acquifere e all’obiezione di un sottoposto che faceva notare che avrebbero inquinato le acque che poi sarebbero arrivate nei rubinetti anche delle loro case rispose: “E che m’importa, tanto noi beviamo acqua minerale”.
La situazione si complica ulteriormente in quelle situazioni in cui il comportamento delinquenziale viene sostenuto dal governo e dalla morale, come nelle guerre, dove i/le soldati/e vengono autorizzate ad uccidere, anzi vengono pagati/e per farlo, vengono quindi autorizzati/e a compiere azioni tipiche dei comportamenti delinquenziali e criminali. Non a caso, durante le guerre avvengono violenze gratuite sui civili, furti, stupri, cioè azioni che appartengono al comportamento delinquenziale.
Potremmo restare sorpresi dell’importanza di introdurre il concetto di comportamento delinquenziale anche nella pratica terapeutica.
Parecchi anni fa durante la seconda seduta di coppia emerse il fatto che a volte il marito diventava violento e picchiava la moglie. Chiedemmo al marito se si rendeva conto di essere un delinquente. Ci fu una grossa reazione da parte di entrambi, inclusa la moglie che difendeva il marito dicendo che era una persona per bene, solo che a volte perdeva il controllo. Fu un lavoro lungo, ma quando entrambi riuscirono a comprendere la portata di un cambiamento di prospettiva come quello di chiamare questa azione “delinquenziale”, la loro relazione cambiò radicalmente. In realtà era vero che lui era “anche” una persona socialmente responsabile con alcuni aspetti delinquenziali che lei finiva per sostenere. Quando lui riuscì ad accettarlo poté scegliere di rifiutarli e lei, contemporaneamente, mise in crisi il proprio ruolo di vittima.
Possiamo e dobbiamo considerare che i comportamenti delinquenziali non sono tutti uguali, hanno gravità diversa e richiedono quindi condanne diverse o anche assoluzioni diverse.
Tra l’altro riconoscere che i comportamenti delinquenziali sono tali perché hanno queste caratteristiche sopra descritte, cioè – ripetiamo – la totale o parziale indifferenza per la conseguenza delle mie azioni e sul diritto di violentare i confini del mio ambiente per ricavarne soddisfazione e/o profitto per me o per altri, aiuta a comprendere meglio le sindromi post-traumatiche che presentano molti soldati di ritorno da azioni di guerra. Se una persona non ha caratteristiche delinquenziali importanti, l’essere autorizzato dal proprio stato a commettere atti delinquenziali può non essere sufficiente per superare il giudizio della propria coscienza: cioè la consapevolezza di essersi comportato da delinquente.
A proposito di responsabilità, Georgia Zara, professore associata di Psicologia criminologica all’Università degli Studi di Torino, afferma che una caratteristica dei sex offender, cioè coloro che compiono reati sessuali, è il diniego (Zara, 2018). Zara si interroga sulla funzione psicologica, clinica e soprattutto sociale del diniego, sottolineando come molti sex offender tendano a continuare a negare la loro partecipazione agli eventi offensivi, anche quando la condanna è divenuta irrevocabile: nella maggior parte dei casi non accettano la responsabilità per le loro azioni, invocando spiegazioni, a volte razionalizzando, altre volte minimizzando, per discolparsi da quanto accaduto.
Il rischio di parlare di “violenze sessuali” è che lo sfondo sessuale finisca per essere una sorta di giustificazione o attenuante rispetto alla violenza compiuta.
Se smettessimo di includere i comportamenti delinquenziali nella sessualità, creeremmo uno sfondo culturale diverso da quello attuale e potremmo, forse, cominciare a parlare di quest’ultima per quello che è: una forza apollinea e al contempo dionisiaca, che crea, che tende a sostenere l’unione tra gli esseri umani attraverso esperienze piacevoli di vario tipo, che conduce ad un aumento di intimità, coesione e creatività, ma anche che porta al caos, al cambiamento, alla rivoluzione".

Tratto dal libro "Sessuologia della Gestalt. Manuale imperfetto per continuare la rivoluzione sessuale" di Mariano Pizzimenti e Barbara Bellini, Franco Angeli, 2022.

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