NON SENTO NULLA

Centro Sessuologia Gestalt • Oct 22, 2023

La mancanza di desiderio

di Barbara Bellini

È “probabilmente” il disturbo sessuale più diffuso. “Probabilmente” perché alle statistiche manca tutta quella fetta di popolazione che non lo accusa come un disturbo, ma che lo considera normale.
Non consideriamo la mancanza di desiderio come un disturbo quando la persona non è interessata a vivere le sue relazioni attraverso le sensazioni genitali e l'orgasmo, come accade per chi sceglie l’asessualità. L’intenzionalità che emerge nelle esperienze di asessualità può essere quella di incontrare il mondo su altri piani (affettivo-amicale, intellettuale, ecc.) e l’asessualità può essere vissuta in un'esistenza carica di energia erotica.
La mancanza del desiderio può essere espressa da entrambe le persone in una coppia di lunga durata. Nella nostra cultura eurocentrica, eterosessuale e monogamica è considerato normale che una coppia che sta insieme da vent’anni o più accusi un drastico calo del desiderio sessuale. Crediamo che anche questa confluenza culturale dipenda dal considerare la sessualità attraverso il filtro della morale religiosa e che sia sostenuta dalle caratteristiche della cultura patriarcale. Se il fine della sessualità è la riproduzione, è “normale” che chi sta insieme da vent’anni o più, con un’età dei partner intorno ai 50 anni, non faccia più sesso, perché una coppia di questa età difficilmente vorrà o potrà ancora avere figli.
Se consideriamo la mancanza di desiderio come un adattamento creativo, allora dobbiamo interrogarci sulle funzioni che può avere la desensibilizzazione di una parte del corpo così importante per il nostro benessere psicofisico.
La nostra esperienza clinica ci porta a dire che l'intenzionalità succedanea che esprime la mancanza di desiderio può essere quella di vivere una vita serena e tranquilla, priva di dolore e di pericolo, escludendo le sensazioni genitali. 
Si privilegia la sicurezza a scapito della crescita. Talvolta questa soluzione funziona, pur con i suoi costi (ad esempio in termini di scarsa vitalità) altre volte no e la coppia rischia la morte stessa della relazione. 
Le nostre coppie stanno facendo uno sforzo e pagando dei prezzi per resistere alla separazione ormai dilagante. È probabile che il calo di energia sessuale non sia intrinseco alla coppia di lunga durata, ma dipenda dal rimanere aggrappati ad un modello patriarcale di coppia che forse non è più sostenente per le caratteristiche del nostro secolo. 
È paradossale che sulla coppia monogamica si basi tutta la progettualità familiare, e non ci sia sostegno a livello culturale per esplorare percorsi alternativi, modi differenziati di essere coppia, nonostante si stia dimostrando la realtà più fragile e difficile da sostenere. Alla coppia è richiesto non solo di fornire protezione, compagnia e sicurezza economica, come è sempre stato da 12 millenni a questa parte. Dalla rivoluzione agricola al dopoguerra, la famiglia è stata indispensabile per la sopravvivenza economica. Dalla seconda metà del secolo scorso in poi, sempre più è possibile affittare una seconda casa e separarsi. Pur impoverendosi, le persone sopravvivono e questa è una novità. I partner oggi hanno alzato le aspettative legate all'essere coppia: non basta protezione economica, vogliono ricevere amore, attenzioni romantiche e di sentirsi desiderati. Prima della rivoluzione agricola non aveva senso di esistere la coppia monogamica e la sessualità era vissuta all'interno del gruppo dei cacciatori. Rafforzava i legami comunitari. L'avvento dell'agricoltura ha modificato profondamente non solo la struttura economica e sociale, ma l'esperienza sessuale. Nasce la società patriarcale come oggi la conosciamo , basata sulla proprietà privata, l'accumulo di beni e tecnologie che vengono tramandati nelle generazioni. In una parola: il "patrimonio". 
La sessualità spesso è sostituita con l'eccitazione data dall'aumento dei beni, che non comporta rischi in quanto i beni sono oggetti e quindi, a differenza degli esseri umani, sono controllabili.
Il patriarcato si esprime nel possesso, dominio, controllo, nell'eliminazione dei nemici, dei predatori, delle erbe infestanti, tutto ciò che può portare alla perdita del controllo. Così nella coppia. 
Privilegiare la monogamia vuol dire preferire la sicurezza e ridurre il rischio di soffrire, rinunciando all'eccitazione portata dalla presenza di altri partner e/o dalle fantasie e ricerca di esperienze nuove. Tranquillità e sicurezza versus eccitazione e crescita.
Consapevoli che se diminuisce molto la sicurezza l'ansia aumenta e troppa ansia porta a desensibilizzazione e chiusura nella coppia. Così come troppa sicurezza e tranquillità porta alla noia e all'inedia che nuovamente desensibilizza e allontana.
Avere relazioni extraconiugali risveglia la sessualità, ma rimaniamo sempre all'interno del modello patriarcale della coppia, anzi, avere amanti lo rafforza, più che denunciarne le crepe.
Quando la mancanza di desiderio è espressa solo da una delle due persone, allora questo fenomeno ha caratteristiche molto diverse da quello precedente. 
Tipicamente lo manifesta la donna nei confronti dell’uomo, ma ora che le relazioni stanno diventando più paritarie si manifesta anche nell’uomo e nelle coppie gay e lesbiche.
La frigidità è un disturbo nel momento in cui la donna vorrebbe vivere la sessualità, ma non ci riesce. In questo caso parliamo di una gestalt fissa, ovvero un adattamento che si ripropone in quanto l’intenzionalità originaria (il modo in cui la persona vuole vivere pienamente la sessualità) non viene raggiunta e l’intenzionalità succedanea diventa la migliore forma che riesce a creare. La desensibilizzazione genitale può diventare la migliore soluzione possibile per la donna per portare avanti un rapporto che non riesce a modificare. 
Rinunciando a vivere le proprie sensazioni sessuali, esprime un rifiuto non solo di aspetti relazionali, ma in un'ottica sociale più allargata, di un modo specificamente culturale di vivere la sessualità in cui le donne non si riconoscono.
Se guardiamo la mancanza di desiderio (espressa da un solo partner) dal punto di vista di campo, frequentemente ci troviamo di fronte ad uno sbilanciamento all’interno della relazione: uno dei due sta diventando dominante nei confronti dell’altro/a che si vive oggettivizzato/a. Può essere una dinamica che crea sofferenza e che sta alla base di questo disturbo, oppure una conseguenza viziosa che si crea successivamente. In ogni caso contribuisce a creare sofferenza nella coppia.
Un tipico esempio di dominanza ed oggettivazione è quando un partner chiede all’altro/a di fare l’amore anche se si accorge che questi non manifesta desiderio e poi insiste con frasi tipo: “Vedrai che se poi cominci ti piace” o “È tanto tempo che non lo facciamo, io ne ho bisogno” o “Fallo per me” o “Non puoi lasciarmi così”. Quest’ultima frase è frequente quando il/la partner perde il desiderio durante il rapporto sessuale.
Chiedere ad un’altra persona di fare sesso anche se non lo desidera, vuol dire chiederle di rendersi un oggetto e noi diventiamo dominanti.
Gli oggetti operano non partendo dal desiderio ma da un programma, gli esseri viventi agiscono spinti dal bisogno o dal desiderio. 
Se io mi forzo a fare l’amore senza sentirne il desiderio ma per la richiesta dell’altro mi rendo un oggetto, perché nego le mie sensazioni. È anche possibile che facendolo io poi sviluppi un’eccitazione genitale e magari sperimento anche una forma di orgasmo, ma la mancanza di desiderio resterà impressa in noi e tenderà a fare aumentare il rifiuto nei confronti dell’altro/a.
La mancanza di desiderio ha molti tratti in comune con l’impotenza erettile o lubrificatoria. La differenza principale è che, mentre nell’impotenza erettile o lubrificatoria la persona dice di voler fare sesso con l’altro/a “ed è il suo pene o la sua vagina che non funziona”, nella mancanza di desiderio la persona non sente il desiderio, quindi, non c’è una spaccatura interna. C’è un sentire a cui potersi appoggiare.
La mancanza di desiderio non è un problema, ma è una soluzione che denuncia ciò che sta avvenendo nella coppia. Il fatto che venga espressa solo da uno dei due non vuol dire che sia un problema di quella persona, ma solo che questa è l’elemento attraverso cui la sofferenza della coppia si sta esprimendo. Probabilmente è l’elemento più sensibile o più sotto pressione o con una storia che gli/le fa vivere con sofferenza l’essere oggettivizzata/o. 
Come possiamo vedere, la terapia della Gestalt ha una visione molto diversa dall’approccio cognitivo-comportamentale. Per quest’ultimo il sintomo (mancanza di desiderio) non è la soluzione che la coppia è riuscita a trovare per restare insieme, ma è il problema da eliminare grazie ad un approccio strategico. 
Se nel lavoro con le coppie non emerge questa voglia di esserci l’un* per l’altr*, la mancanza di desiderio può denunciare una situazione di co-dipendenza. Cioè una situazione in cui io vorrei staccarmi dal mio/a compagno/a che riconosco essere dannoso/a per me, ma non ho la forza. 

Share by: