VORREI MA NON POSSO

Centro Sessuologia Gestalt • Oct 15, 2023

IMPOTENZA ERETTILE E LUBRIFICATORIA 

di Bellini Barbara 

Il termine impotenza è fuorviante, o meglio, è il classico esempio di una diagnosi che non spiega il problema ma contribuisce fortemente a crearlo.
Se comincio a pensare che il mio pene o la mia vagina hanno qualcosa che non va, che non funzionano, apparentemente mi assolvo, cioè mi separo da una parte di me che definisco disfunzionale, mentre “io” vorrei e continuo a desiderare ardentemente di avere un rapporto sessuale con l’altro. In questo modo però io mi autodefinisco impotente, in quanto non ho potere su una parte di me che sfugge al mio controllo ed agisce contro la volontà.
Se invece ci assumiamo la responsabilità di rendere impossibile la penetrazione e accettiamo che, aldilà di quella che può essere la nostra percezione emotiva o cognitiva, noi stiamo esprimendo un rifiuto al contatto genitale con l’altro, ecco che torniamo ad essere “potenti”.
La difficoltà sta nel fatto che non siamo consapevoli di questo rifiuto. Ci siamo alienati da esso e ne scarichiamo la difficoltà su una parte di noi, desensibilizzandoci. 
Facciamo come Muzio Scevola che brucia la sua mano sul braciere per punirla di aver accoltellato la persona sbagliata.
La potenza comporta respons-abilità. Cioè la capacità di confrontarsi col partner e di sostenere il confronto.
Ecco un primo dato relazionale, l’impotenza erettile o lubrificatoria, è sempre una deresponsabilizzazione rispetto ad una dinamica relazionale. È una strategia di sopravvivenza che si esplica attraverso il “vorrei, ma non posso”. 
Nella mia strategia di sopravvivenza è più accettabile risultare inadeguato/a, che non “cattivo/a”, incapace, o rifiutante. “Non voglio” non è esprimibile…. molto meglio: “Non posso”. 
Nel caso dell’impotenza erettile secondaria è interessante notare che il primo episodio riportato dai pazienti è generalmente collegato a situazioni di richiesta e “pretesa” della prestazione sessuale in cui l’uomo ha sperimentato il senso di impotenza non solo a livello genitale, ma anche nelle altre dinamiche relazionali. Nella relazione con il/la partner si è sentito inadeguato, non in grado di soddisfarla/o, non “abbastanza” per lei/lui. Nella sua esperienza una situazione di pressante richiesta sessuale può rappresentare un attacco al suo valore. Domande quali: “Perché non vuoi fare l’amore?”, “Non mi vuoi più?”, “Non mi vedi più bella/o?” facilmente attivano un senso di colpa e privano il sesso della spontaneità e libertà che sono indispensabili per i riflessi sessuali. L’eccitamento sessuale sia negli uomini che nelle donne è una reazione spontanea al desiderio e alla stimolazione efficace. L’attesa e la pretesa della prestazione sessuale riflettono una situazione relazionale di difficoltà che preme per emergere in superficie. Se i partner non rischiano di affrontarla, allora facilmente finiranno per evitarla. Da questo momento la paura dell’insuccesso sessuale diventerà la causa immediata dell’impotenza.
Anche nell’esperienza femminile l’ansia da prestazione ha un effetto potente sulla mancanza di lubrificazione. Nelle situazioni di sessualità “inesigente”, in cui i terapeuti invitano la coppia ad uno scambio di sensazioni piacevoli vietando il coito, la donna, liberata dalla pressione di dover necessariamente eccitarsi, avere un orgasmo e soddisfare il/la compagn*, spesso arriva a provare intense sensazioni erotiche e sensuali. Il fatto che il/la partner “rinunci” al desiderio di appagamento orgasmico potrà essere, nell’esperienza della donna, una prova molto toccante di quanto gli/le sta a cuore il piacere sessuale della compagna/moglie. In questa situazione, essa potrà riappropriarsi della “responsabilità” del proprio piacere sessuale, scoprendo che non verrà respinta o umiliata se esprime i propri desideri e se mostrerà al partner di avere una personalità attiva. 
Cominciare ad accettare che io non possiedo un pene o una vagina, ma “sono” anche pene e vagina e mi esprimo attraverso le azioni, è fondamentale per recuperare il senso del mio radicamento nella situazione relazionale: cioè la mia forza personale.
Spesso le persone non capiscono come sia possibile aver voglia di fare l'amore, ma non avere l'erezione o la lubrificazione. Oppure essere eccitati a livello genitale in una situazione relazionale in cui non è in gioco il sesso. Accade specialmente agli uomini per motivi di natura estetica. È assolutamente non appropriato se un uomo ha un’erezione mentre sta consolando un’amica/o che piange, o sta giocando con un bambino, o sta ballando o è coinvolto in attività eccitanti che, però, non sono sessuali. Ovviamente questo vale anche per le donne, ma siccome il fenomeno dell’umidificazione è meno evidente, le donne sono meno spesso costrette ad alienarsi dai propri genitali. Chiediamo a noi stessi di funzionare a compartimenti stagni. Di avere sensazioni che percorrano tutto il nostro corpo, ma non i genitali.
Siamo allenati ad alienarci dai nostri genitali.
Il termine “penetrazione”, usato per descrivere l’amplesso sessuale rimanda all’azione del pene di entrare a fondo, rendendo la vagina un “dentro” passivo, e il pene un intrusivo attivo.
Questa è una visione assolutamente uomo-centrica che non ha nulla di fenomenologico. Da un punto di vista fenomenologico ci sono volte in cui avviene la penetrazione, volte in cui avviene la “vaginazione” e, il più delle volte, entrambe contemporaneamente. È però interessante che il termine vaginazione non esiste, è un neologismo che dovrebbe entrare nel vocabolario corrente e che aiuterebbe molto nel superamento dell’impotenza. Nel linguaggio comune e volgare si dice che la donna “la dà”. Eppure è la vagina che “prende” dal punto di vista fisico.
Spesso la mancanza di lubrificazione nella donna esprime proprio il rifiuto a farsi penetrare. Il rifiuto a questa azione intrusiva dell’uomo, a subire passivamente. Questo è ancora più evidente nel vaginismo, in cui, anche con l’uso di lubrificanti, il dolore è intenso e impedisce totalmente la penetrazione.
Anche nell’uomo, d’altronde, l’atto della penetrazione può essere fonte di paura. Ci sono uomini che sentono che non sono loro a penetrare la donna, ma è questa che li “vagina”. Questa percezione, invece di rilassarli, li fa sentire inadeguati, in pericolo. La famosa fantasia della “fica dentata” che potrebbe castrare l’uomo riflette questo genere di percezione. Essa è vissuta non come dato fenomenologico, ma come qualcosa di “sbagliato”, “che non va bene”: l’uomo non dovrebbe sentire così o la donna non dovrebbe comportarsi così. Molti uomini riportano fenomeni di impotenza vissuti con donne inaspettatamente molto attive e intraprendenti.

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